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L'inizio del glorioso cammino della scultura greca: lo stile dedalico

Mentre nelle civiltà orientali l'iniziativa del privato cittadino nel campo dell'arte rimane del tutto sconosciuta, in Grecia essa assume, sin dall'epoca arcaica, un ruolo notevole. Appena le condizioni economiche lo permettono il cittadino greco dona al santuario, anziché le piccole offerte fittili prodotte in serie, una statua, più grande o più piccola a seconda delle proprie possibilità, come oggetto prezioso, splendente, àgalma; e il più prezioso, il più splendente era appunto l'immagine del corpo umano che poteva rappresentare o il dio o il devoto. Nel caso rappresentasse il devoto, quest'immagine personificava la sua continua umana presenza, senza però avere nessun riferimento personale in quanto restava concepita secondo una tipologia astratta: quella del koùros (giovane uomo nudo), e della kòre (giovane donna vestita) che caratterizzeranno tutta la produzione arcaica.
Nello scolpire la figura umana lo scultore greco vuole esprimere la perfezione dell'essere vivente. Pur riproducendo la struttura del corpo umano così come la vediamo, non rappresenta questo o quell'uomo, questa o quella donna, individui particolari soggetti alla transitorietà, alla caducità del tempo, ma l'uomo ideale, somma delle più alte qualità fisiche e morali. Non rappresenta dunque l'uomo come è nella sua apparenza esteriore, ma come dovrebbe essere.
Il cammino glorioso della scultura greca incomincia nel VII secolo a.C., col cosiddetto stile dedalico (dal nome del leggendario artista cretese che l'avrebbe creato), che può datarsi fra il 660 e il 640 a.C., e che prosegue in un cosiddetto tardo dedalico sino intorno al 620 a.C. e in un post-dedalico, che si diffonde nelle colonie occidentali (e di là provocherà echi anche in Etruria). La tradizione attribuisce le prime creazioni plastiche al mitico Dedalo, il cui nome, forse all'origine un attributo professionale, significa 'colui che modella'. Contraddittorie, e spesso favolistiche, sono le notizie sulla sua vita e sulla sua attività. Di probabile origine cretese, egli avrebbe creato un nuovo canone, ispirandosi alle statue egiziane. Le fonti gli attribuiscono la paternità di moltissime statue di culto, che egli avrebbe eseguito sia in legno (xoana) sia in lamina di metallo sbalzato (sphyrelata), secondo tecniche di origine orientale. L'uso della pietra sarebbe stato introdotto dai suoi figli ed allievi che lavorano a lungo nel Peloponneso ma soprattutto a Paro, dove il reperimento della materia prima è facilitato dalle grandi cave di marmo cristallino. Così attraverso artisti più o meno direttamente ricollegabili al maestro l'arte dedalica si diffonde nel continente e soprattutto nelle isole.
Le fonti archeologiche confermano le indicazioni fornite dalla tradizione letteraria: non a caso le aree che hanno restituito i più antichi esempi di statuaria sono Creta e le Cicladi.
Il cosiddetto "Kouros di Delfi" è un bronzetto di dimensioni contenute offerto al dio Apollo. Esso presenta tutte le caratteristiche principali dell'arte dedalica: la completa frontalità, le braccia appoggiate ai fianchi e non impegnate in alcun movimento, i pugni serrati, i capelli disposti in ampie masse che cadono formando dei gradini, la fronte bassa, la calotta cranica schiacciata, una gamba più avanzata rispetto all'altra. Vista la snellezza delle gambe e della vita e la presenza della cintura, l'opera è da attribuirsi ad un artista cretese e, dall'aspetto generale, rivela chiare influenze egiziane.

Kouros di Delfi; 650-625 a.C.; m. 0,197; bronzo; Delfi, museo


La Dea di Auxerre è una figura femminile rappresentata in maniera rigida. Il braccio sinistro è steso lungo il corpo ma non ha il pugno serrato come il koùros precedente. Il braccio destro è alzato in atto di preghiera. Nonostante queste differenze, anche quest'opera presenta evidenti temi dedalici: il volto squadrato, la fronte bassa, la calotta cranica schiacciata, l'occhio completamente di profilo. La veste lunga fino ai piedi è quella tipica di tutto il VII sec. a.C. Solo dal secolo successivo avremo la distinzione fra peplo e chitone. L'acconciatura è simile a quella del koùros precedente: in questo periodo non c'è infatti distinzione fra quella maschile e quella femminile. Anche questa opera è da ritenersi cretese per la presenza della cintura che stringe la vita.


Dea di Auxerre; 650-625 a.C.; m. 0,75; calcare; Parigi, Louvre; ph. Wikipedia

In alcuni casi le statue greche dello stile dedalico vengono datate grazie alla ceramica che è più facilmente inquadrabile per la sua collocazione in strati. La datazione delle due statue precedenti è infatti resa possibile mediante l'associazione a ceramica che presenta caratteristiche simili.
L'aryballos a testa femminile dal Louvre, è un contenitore per unguenti proveniente da Corinto, che presenta pitture a figure nere sul corpo e ha come collo una testa femminile. Poiché si tratta di un aryballos, cioè di una forma vascolare di cui conosciamo tutti gli stadi evolutivi, possiamo datarlo al 650 a.C. Visto che la testa presenta tutte le caratteristiche dello stile dedalico (squadratura, occhi completamente di profilo, fronte bassa, capelli che scendono a gradini), possiamo utilizzare questo vaso come 'fossile guida' per datare le due statue analizzate in precedenza.



Aryballos a testa femminile; 650 a.C.; m. 0,068; Parigi, Louvre; ph. www.louvre.fr



A partire dalla metà, ma soprattutto alla fine, del VII secolo a.C. notiamo, nella plastica greca, una singolare passione per la monumentalità. Questo sviluppo sembra essere incoraggiato da un lato dal sempre maggiore affermarsi dei ludi atletici che stimolano, con la visione continua dei campioni più selezionati della razza ellenica, il senso della bellezza corporea, dall'altro dal progresso dell'architettura con la costruzione dei più importanti templi dorici, che si ornano di frontoni con statue a tutto tondo, di métope a altorilievo e di opere votive.

Come abbiamo detto, spesso le statue venivano create per essere poste nei templi. Non è forse dunque un caso che la statuaria in marmo di grandi dimensioni si sviluppi proprio ora (nel VII sec. a.C.), cioè in concomitanza con l'ampliamento e il rinnovamento degli edifici di culto, i templi.

Sembra che le prime grandi statue (ritrovate soprattutto ad Atene) siano state costruite per la prima volta, intorno al 650 a.C., a Nasso e Paro nell'arcipelago delle Cicladi, dove era disponibile marmo in abbondanza. Ovviamente, queste grandi sculture richiedevano mezzi finanziari notevoli per essere realizzate, per cui erano spesso commissionate da aristocratici.

Il primo esempio di scultura monumentale è la cosiddetta Statua di Nikandre rinvenuta a Delo che in questo periodo era controllata politicamente da Nasso. Rappresenta il più antico esempio di scultura monumentale che ci sia pervenuto. Sul lato sinistro della statua è incisa verticalmente un'iscrizione bustrofedica (cioè eseguita alternativamente da destra a sinistra e da sinistra a destra) nella quale si ricorda che la statua venne dedicata alla dea Artemis dalla fanciulla Nikandre, figlia di una dinastia di Nasso in occasione del suo matrimonio con Phraxos. Le dimensioni insolite fanno ritenere si tratti di una raffigurazione della dea piuttosto che della dedicante. La struttura presenta le principali caratteristiche dello stile dedalico: frontalità, bracci tesi che scendono lungo i fianchi con pugni serrati, capelli che scendono in grandi masse. Il fatto che Nikandre fosse di Nasso e che il marmo utilizzato provenga da quest'isola ha fatto attribuire l'opera ad uno scultore nasso.

Statua di Nikandre; marmo; 650-640 a.C.; m. 2; Atene, Museo Nazionale; ph. Wikipedia

Come scritto in apertura di questo articolo, la grande statuaria sembra nascere nelle isole attorno al 650 a.C. ca. Tuttavia tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C. Atene acquista posizione predominante e si sviluppa, a partire da questo momento, la scultura attica arcaica, che inizialmente però risente di echi dedalici. Il canone monumentale della scuola nassia viene riproposto ad Atene da una personalità d'eccezione, nota con il nome convenzionale di 'maestro del Dypilon', che gli deriva dalla testa colossale di giovane rinvenuta nel cimitero del Dypilon che costituisce uno dei primi cimeli del grande periodo arcaico.

Testa di kouros dal Dypilon; 610-600 a.C.; m. 0,44; Atene, Museo Nazionale; ph. Wikipedia

La luminosa compattezza dell'ovale, articolato nelle precise scansioni dei lineamenti (l'arcata sopracciliare, nettamente delineata, sovrasta gli occhi allungati ma sporgenti, e continua nel lungo naso dall'attacco sottile che attraversa il viso con perentorietà) è esaltata dal decorativismo dei capelli resi in file di grosse perle che passano dietro le orecchia, preziosisticamente rese mediante due volute.
All'attività del maestro del Dypilon si può plausibilmente ricondurre anche il gruppo di statue maschili del Sunio, di dimensioni superiori al vero e caratterizzate da una massiccia solidità plastica addolcita da un nascente senso per la struttura anatomica, che si esprime nell'indicazione, mediante sobria grafia superficiale, della muscolatura sottostante.


Kouros del Sunio; 600 a.C.; m. 3,40; marmo pentelico; Atene, Museo Nazionale; ph. Pinterest

Questa statua presenta sia elementi tipici dello stile dedalico (frontalità, bracci tesi con pugni serrati, occhi completamente frontali), sia elementi nuovi che segnano l'inizio del cosiddetto stile arcaico. Tra quest'ultimi abbiamo: l'avanzamento di una gamba, i capelli raccolti sul di dietro, il rilievo dato ad alcuni elementi anatomici come il bacino, i pettorali e soprattuto i ginocchi. La massiccia solidità plastica è addolcita da un nuovo senso anatomico che si esprime nell'indicazione della muscolatura.
L'opera annuncia quindi la fine dello stile dedalico, una fine che però non è violenta e improvvisa ma si definisce per passi. Il nuovo stile si forma infatti in impianti statuari dedalici.
Leggermente più tardi la grande statuaria in marmo si afferma anche nel Peloponneso (regione di Argo).Uno degli esemplari più rappresentativi è sicuramente il gruppo di Kleobis e Biton. 

Kleobis e Biton; 600-590 a.C.; m. 2,16 e 2,18; marmo; Delfi, Museo

Una scritta frammentaria indica la seconda parte del nome dello scultore "ymedes" che si suppone di poterlo identificare con Polymedes di Argo nel Peloponneso. Questa coppia di statue raffigura i fratelli Kleobis e Biton di Argo, giovani figli di una sacerdotessa di Hera, i quali, mancando i buoi, si sottoposero alla fatica di trascinare il carro della madre fino al santuario per 45 stadi (8 o 9 km). Qui giunti, si sdraiarono e ottennero dalla dea Hera, per intercessione della madre, una morte tranquilla. L'atteggiamento dei due gemelli è molto simile a quello del Kouros del Sunio: anche qui convivono elementi dedalici ed elementi arcaici. Già infatti notiamo temi tipici dello stile dorico come l'austerità e i bruschi passaggi di piano che creano un forte contrasto fra luci ed ombre.
In questo articolo abbiamo considerato solamente le grandi statue che venivano dedicate (di solito da aristocratici) nei templi. Accanto a queste vi sono anche le statue funerarie, di dimensioni analoghe, che venivano utilizzate come segnacoli tombali, di cui però parleremo in un prossimo post.


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