Uno dei famosi aforismi del filosofo greco Eraclito di Efeso, vissuto fra il 535 e il 475 a.C, e annoverato tra i maggiori pensatori presocratici recita: «il mondo è un gioco di dadi fatto da bambini». Per Eraclito, il gioco è una metafora attraverso cui rendere evidente l’assenza di un telos, ovvero di un fine ultimo verso cui tutte le cose tendono, e dunque il carattere contingente della realtà.
Se poi il gioco è di dadi e fatto da bambini, il mondo diventa assolutamente casuale e imprevedibile e quindi in balìa del fato, da accettare per come viene, per quello che accade e per quello che accadrà. Una filosofia assolutamente antitetica alla nota massima latina, «faber est suae quisque fortunae» («ciascuno è artefice della propria sorte»), che Sallustio attribuisce ad Appio Claudio Cieco, che nel tempo ha avuto molto successo e che si suole citare per affermare che nella vita dell’uomo conta più la volontà e l’azione che l’intervento della sorte.
Chissà se ad ispirare Eraclito, nella sua massima, sia stata l'anfora campaniforme a figure nere di Exechias, conservata ai Musei Vaticani, che è uno dei vasi più famosi di tutta la produzione ceramica greca. Risale al 540-530 a.C. ed è stata ritrovata all'interno di una tomba etrusca a Vulci. Sulla superficie sono raffigurati Achille e Aiace che, durante una pausa dal combattimento sotto le mura di Troia, giocano ai dadi.
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Achille a Aiace che giocano ai dadi, particolare dell'anfora di Exechias |
Questo episodio non è narrato nell’Iliade, ma numerose testimonianze ne parlano, come a ricordarci che anche i grandi eroi hanno bisogno di un momento di riposo ma che, come tali, non temono la guerra, non hanno paura del destino, che si compirà nonostante tutto, e hanno la freddezza e la tranquillità per giocare tra un combattimento e l'altro. Achille, ricordiamo, partecipò alla guerra di Troia nonostante l'oracolo avesse rivelato il suo tragico destino.
Nell'opera di Exechias, uno dei più importanti ceramografi greci di tutti i tempi, Achille e Aiace hanno appena gettato i dadi e gridano ciascuno il proprio numero («tre» e «quattro»); i numeri escono dalle loro bocche e sono scritti come fumetti. Intorno, altre iscrizioni identificano i due personaggi, oltre ad indicare la firma dell’artista «Exechìas égrapse ka’ pòiese me» («Exechias mi ha dipinto e realizzato»).
Ci troviamo di fronte ad una delle massime espressioni della ceramica attica a figure nere. Il problema tecnico di fronte al quale si trovano gli autori di queste ceramiche è la difficoltà di indicare, sul nero delle figure, i particolari dei corpi e delle vesti. Per superare questo ostacolo, essi ricorrono spesso all'uso di una punta metallica, per incidere la lucida vernice nera: Exechias ha compiuto un lungo e raffinato lavoro, disegnando a graffito gli ornamenti delle vesti e delle armi, i capelli e i peli delle barbe. Il vaso, non più diviso in fasce orizzontali come nei periodi precedenti, offre grande spazio alla figurazione, che diventa così protagonista. Entro la superficie rossa tondeggiante, Exechias ha disposto i due giocatori, Achille e Aiace, che si curvano in avanti ripetendo, quasi specularmente, le reciproche posizioni. Le lance, tenute da ambedue sulla spalla sinistra, formando un triangolo col vertice in basso, verso il quale viene condotta la nostra attenzione, contribuiscono a rendere il senso di concentrazione dei giocatori sul piano del cubo. Entrambi i corpi esprimono una forte virilità, realizzati in forma massiccia come evidenzia l'accentuata larghezza delle cosce. Fra i due l'unica differenza sostanziale è nell'elmo, che Achille tiene ancora in capo, mentre Aiace lo ha deposto insieme allo scudo.
Exechias, Anfora con Achille e Aiace che giocano ai dadi; 540-530 a.C.; m. 0,61; Roma, Vaticano, Museo Etrusco-Gregoriano |
Il resto della superficie dell’anfora è ricoperta da pittura nera che fa risaltare con maggiore intensità la figurazione dei due eroi greci, le decorazioni delle anse e della fascia a denti di lupo sopra il piede.
Tutto è quindi costruito in modo tale da rendere nobiltà ed importanza anche ad una scena di per sé banale, come questo gioco. Nient'altro distoglie lo sguardo dalla rappresentazione principale, niente disturba la concentrazione di Achille e Aiace, che, noncuranti del loro destino e per niente spaventati dagli eventi bellici, trovano la serenità per dedicarsi al gioco tra un combattimento e l'altro. Un manufatto, questo del maestro Exechias, che oltre ad avere un grande valore artistico ci offre l'occasione per meditare sulla cultura mitologica greca e ci induce anche a riflessioni filosofiche. Come vedremo, anche in altri post, il grande talento di questo artista non è solo di tipo stilistico, ma consiste anche nella sua capacità di scegliere, in maniera mai banale, i soggetti e le scene da rappresentare.
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