Passa ai contenuti principali

Il "mistero" etrusco: le origini

La convinzione che il popolo etrusco rappresenti un "mistero" è talmente radicata nell’opinione corrente, anche a livello di persone di buona cultura, che essa è diventata un vero e proprio "luogo comune". Quando si parla di Etruschi viene subito in mente l’idea del mistero, di un mondo ancora tutto da scoprire e da decifrare. Questo perché si è sempre preferito avvicinarsi a questa civiltà in un modo fantasioso e romanzesco trascurando le evidenze storiche e i risultati della ricerca archeologica.  Si tratta di un atteggiamento che affonda le proprie radici nel passato, nelle incomprensioni dei Greci e dei Romani, nella riscoperta avventurosa del Sette-Ottocento ma che nasce anche da alcune indubbie particolarità del mondo etrusco e dal fascino di certe testimonianze archeologiche.
La scienza, oggi, però, ci consente di ricostruire un quadro sufficientemente chiaro e completo della civiltà etrusca, nelle sue caratteristiche di fondo e nelle sue linee evolutive, ivi compresi quei temi che maggiormente hanno stimolato la nascita del "mistero" etrusco: le origini, la lingua e la fine.

Acroterio maschile rinvenuto a Murlo (da museisenesi.org)

Sull'origine e la provenienza degli Etruschi è fiorita nel corso dei secoli una notevole letteratura. Una delle posizioni, a mio avviso, più convincenti sull'origine del popolo etrusco è quella di Massimo Pallottino. Nel suo manuale Etruscologia, egli, affrontando il tema da una prospettiva completamente nuova, arriva a sostenere come la vexata questio sull'origine del popolo etrusco, così come è stata impostata sin dall'inizio, praticamente non abbia ragione di esistere. Questo per il semplice motivo che gli Etruschi non sono documentati in nessun'altra parte del mondo che non sia l'Italia, ovvero più precisamente in quella regione che comprende l'alto Lazio e la Toscana (Etruria propria) e parte dell'Emilia Romagna (Etruria Padana). Quindi è del tutto errato ritenere che essi possano essere giunti in Italia (da qualsiasi altra parte) come una civiltà già formata e culturalmente definita, e conseguentemente è assurdo affannarsi alla ricerca del luogo della loro presunta provenienza. Ne deriva che l’origine degli Etruschi deve essere ricercata in Italia. O meglio, che il problema delle origini etrusche debba essere affrontato non tanto dal punto di vista di una "provenienza" o "migrazione" esterna, bensì dal punto di vista di una "formazione". Ovvero deve essere visto come un processo graduale di evoluzione, di trasformazione, di integrazione e di commistione di elementi diversi (di carattere etnico, culturale, sociale, linguistico), di origine "interna" ed eventualmente "esterna" che ha avuto come esito finale la nascita in Etruria, a partire dall'VIII-VII sec. a.C., del popolo etrusco e della sua peculiare civiltà: una realtà nuova e fuori d’Italia inesistente. Il risultato di questo processo è dunque l’unico dato certo che abbiamo in nostro possesso. Il resto, ossia tutto quello che ha contribuito a determinarlo (le componenti, le derivazioni, i modi e i tempi) resta da indagare come un argomento di ricerca scientifica.
Da quanto appena detto, appare evidente come la situazione sia ben più complessa e articolata di quanto non apparisse agli antichi che risolvevano l'origine degli Etruschi con l’idea della migrazione (del resto, con tale idea essi spiegavano l’origine di molti altri popoli).
Spiegare l'origine di un popolo attraverso una migrazione comporta il rischio di innescare una ricerca a ritroso nel tempo senza fine, o meglio senza inizio. Se il popolo A discende dal popolo B, allora il popolo B deriverà da un popolo C e così via indietro nel tempo.
Le teorie che maggiormente si affermarono in antico sull'origine degli Etruschi facevano concordemente arrivare gli Etruschi in Italia dall'Oriente, poco prima dell'inizio dei tempi storici. L'unica divergenza riguardava il popolo dal quale gli Etruschi sarebbero derivati.
Secondo Erodoto (il grande storico greco del V secolo a.C.) gli Etruschi sarebbero stati dei Lidi che, in seguito ad una terribile carestia, avrebbero abbandonato la loro patria in Asia Minore e, salpati da Smirne, sarebbero giunti in Italia sotto la guida di Tirreno (figlio del re di Lidia, Atys) dal quale avrebbero poi preso il nome di Tirreni o Tyrsenòi, (come tradizionalmente i Greci chiamavano gli Etruschi). Secondo Ellanico e Anticlide (altri due storici greci rispettivamente del V e del IV-III secolo) gli Etruschi sarebbero da identificarsi con i Pelasgi, un popolo nomade giunto in Italia dopo aver girovagato per il mare Egeo (secondo Ellanico) o dopo aver colonizzato le isole di Imbro e Lemno (secondo Anticlide).

Tarquinia, Tomba dei Leopardi (da Wikipedia)

La tesi che si impose nell'antichità, finendo per diventare opinione comune, fu quella di Erodoto. Andiamo quindi a rileggere nelle pagine delle sue Storie, il racconto che egli riferisce di aver appreso dagli stessi abitanti della Lidia: «Al tempo di Atys, figlio del re Mane, ci fu in tutta la Lidia una tremenda carestia, e i Lidi per qualche tempo vissero sopportandola, ma poi, dato che non cessava, cercarono rimedi... Il re, divisi in due gruppi tutti i Lidi, ne sorteggiò uno per rimanere, l'altro per emigrare dal paese e al gruppo cui toccava di restare si lasciò lui stesso come re, all'altro che se ne andava pose a capo suo figlio, che aveva nome Tirreno. Quelli che ebbero in sorte di partire dal paese si recarono a Smirne e cominciarono a costruire navi; quindi, raccolte su di esse tutte le cose che erano loro utili, si misero in mare alla ricerca di mezzi di sostentamento e di terra, finché, oltrepassati molti popoli, giunsero al paese degli Umbri, ove costruirono città e abitano tuttora. Ma in luogo di Lidi mutarono il loro nome prendendolo da quello del figlio del re che li guidava e si chiamarono Tirreni».
Il successo di questo racconto, narrato da Erodoto, fu tale che l'origine lidia degli Etruschi fu unanimemente accettata dagli scrittori antichi tant'è che Virgilio (tanto per fare un esempio) usa indifferentemente, nell'Eneide, i due termini Lidi ed Etruschi.
I moderni studiosi che sostengono la tesi erodotea hanno cercato di suffragare l'ipotetica migrazione dei Lidi con l'affermazione in Etruria della fase culturale cosiddetta "orientalizzante", largamente documentata nel corso del secolo VII a.C. (quindi agli inizi della civiltà etrusca) attraverso la presenza di oggetti, specialmente ceramici, e anche di usi e costumi provenienti dai paesi del bacino orientale del Mediterraneo e del Vicino Oriente. Ma questa ipotesi si scontra con i risultati della ricerca archeologica: l'influsso culturale dell'Oriente, nel VII secolo a.C., non interessa soltanto l'Etruria ma anche la Grecia e altri paesi del comparto occidentale del Mediterraneo; la facies "orientalizzante" si manifesta in Etruria con un passaggio graduale dalla fase culturale precedente (dei secoli XI-VIII a. C. ) rispetto alla quale non c'è dunque un cambiamento istantaneo, un momento di rottura quale ci sarebbe stato con l'avvento improvviso di un popolo nuovo.
Sostenitore di una tesi diametralmente opposta a quella di Erodoto fu lo storico greco di età augustea Dionigi d'Alicarnasso, che, nelle sue Antichità romane, respinse l'identificazione degli Etruschi con i Lidi o con i Pelasgi, ritenendo che essi non erano arrivati da fuori ma "autoctoni". A suffragio di questa sua tesi egli affermò di aver appreso quella opinione dagli stessi Etruschi, i quali, fece notare, chiamavano se stessi Rasenna e non Tirreni. Dionigi d'Alicarnasso rimase però inascoltato e la sua teoria non ebbe seguito. Soltanto in tempi recenti essa ha goduto di considerazione, quando gli studiosi sono tornati a riesaminare le opinioni degli antichi per trovare una soluzione a quello che — anche sulla base di quella voce fuori dal coro — era diventato il "problema delle origini etrusche" (e, per i piú, uno dei principali "misteri" attribuiti a quel popolo).
Gli ultimissimi studi condotti sul DNA mitocondriale sembrano poter porre la parola fine a questa secolare questione dando ragione proprio allo storico Dionigi.
È quanto emerso da una ricerca pubblicata sulla rivista Plos One nel 2013, coordinata da Guido Barbujani, docente di genetica dell’Università di Ferrara, e David Caramelli, docente di antropologia dell’Università di Firenze, e realizzato in collaborazione con l’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) di Milano.
Lo studio è stato effettuato analizzando il Dna degli abitanti delle zone di Volterra e del Casentino, dove si rinvengono ancora Dna identici a quelli degli etruschi di 2.500 anni fa, sebbene gli odierni abitanti della Toscana discendano per lo più da antenati immigrati in tempi più recenti. «Leggere nel Dna di persone così antiche è difficile», spiega Barbujani. «I pochi Dna finora disponibili non permettevano di dimostrare legami genealogici fra gli etruschi e i nostri contemporanei. Lo scorso anno (2012, ndr) il team guidato da Caramelli è riuscito a studiare un numero consistente di reperti ossei; così ci siamo resi conto che comunità separate da pochi chilometri possono essere geneticamente molto diverse fra loro e abbiamo visto come l’eredità biologica degli etruschi sia ancora viva, anche se in una minoranza dei toscani» Secondo Barbujani, «il confronto con Dna provenienti dall’Asia dimostra che fra Anatolia e Italia ci sono state migrazioni, ma risalenti a migliaia di anni fa e non hanno rapporto con la comparsa della civiltà etrusca nell’VIII secolo avanti Cristo. Viene così smentita l’idea di un’origine orientale degli etruschi, ripresa alcuni anni fa, da studi genetici che però si basavano solo su Dna moderni».
Queste analisi sembrano aver dato dunque risposta a una domanda vecchia di millenni sull’origine degli Etruschi, ma lasciano aperte alla ricerca archeologica tutte le questioni riguardanti gli elementi che hanno concorso alla nascita di una civiltà così particolare e peculiare come quella etrusca.


Bibliografia
  • Staccioli R. A. 1985,  Il Mondo degli Etruschi, vol. Il Mistero, Istituto Geografico De Agostini
  • Pallottino M. 1984, Etruscologia, Hoepli
  • www.corriere.it











Commenti

  1. nano titanium ionic straightening iron - TiMetal Art
    Stainless steel oxide properties of titanium is made with a titanium legs titanium core. It has a diameter of babylisspro nano titanium spring curling iron 2 centimeters (4.8 centimeters). Its cobalt vs titanium drill bits main component is the titanium dog teeth titanium core.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

La colmata persiana: una fonte preziosissima per la conoscenza dell'arte greca

Nel 490 a.C., tutta la Grecia rischiò di essere travolta e conquistata dall'armata persiana, condotta da Dario; ma a Maratona, non molto distante da Atene, tra agosto e settembre di quello stesso anno, in una battaglia decisiva, l'esercito greco, composto in prevalenza da ateniesi e sotto il comando di un generale ateniese, Milziade, sconfisse quello persiano. Dieci anni dopo, nel 480, Serse, figlio di Dario, attaccò nuovamente la Grecia, calando da nord con un ingente numero di uomini; nonostante l'eroica difesa spartana guidata da re Leonida alle Termopili, l'esercito persiano riuscì ad invadere l'Attica, conquistò Atene e la distrusse. Ma anche questa volta la Grecia riuscì a reagire e a salvarsi sconfiggendo prima la flotta a Salamina e poi, l'anno successivo a Platea, l'esercito nemico. E' una delle rare occasioni in cui le città greche fanno squadra davanti al pericolo, un momento di grande coesione che non avrà eguali nella storia greca. 
Per...

La "corsa in ginocchio" della Medusa di Corfù

Uno dei più antichi ed importanti esempi di architettura dorica è il tempio di Artemide di Corfù che risale al 590 a.C. Corfù rientra nella sfera d'influenza corinzia già a partire dall'VIII secolo a.C., quando un gruppo di coloni provenienti da Corinto fondò l'antica Corcira. Il tempio presentava 8 colonne sui fronti e 17 sui lati, quindi aveva una forma abbastanza allungata, tipica dei templi arcaici. Tuttavia l'edificio non è noto tanto per la sua architettura, quanto per la decorazione del frontone, dove spicca una grande immagine di Gorgone. Si tratta della Gorgone Medusa, raffigurata in gloria tra i suoi due figli, Chrysaor (di cui si conserva il busto alla sua sinistra) e Pegaso (perduto, alla sua destra). Frontone di Corfù; 590 a.C.; Corfù, Museo; da Wikipedia Secondo il mito quando Perseo, per volere di Polidette, re delle Cicladi, uccise Medusa decapitandola, dal corpo di questa nacquero due creature prodigiose: Chrysaor ('l'uomo dalla spada d'oro...

La nascita della ceramica greca: lo stile geometrico

Il periodo compreso tra i secoli XI e VIII a.C., fra l'esaurirsi della civiltà micenea e il sorgere di quella greca, è detto, impropriamente, "medioevo ellenico", volendo con questa definizione, indicare un'età oscura, barbara, di decadenza, con un paragone, evidente, con il medioevo europeo. Ma, come da diverso tempo è ormai superato il pregiudizio di un periodo di scadimento del nostro medioevo, così non possiamo dare giudizi sommari e spregiativi sul medioevo ellenico, che è piuttosto un periodo di formazione, al quale concorrono influenze di derivazione cretese-micenea e conoscenze dell'arte orientale; attraverso la lunga elaborazione di questi elementi e l'apporto di nuove popolazioni che abitano le terre egee, viene nascendo la civiltà artistica greca. È in questo periodo che nasce la prima importante produzione ceramica greca. Dopo la scomparsa della civiltà micenea non si registrarono subito mutamenti notevoli nell'arte della ceramica, ma ben prest...