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Il vaso François: l'antologia della mitologia greca

Il vaso François, così chiamato dall'archeologo Alessandro François che lo scoprì in una necropoli a Dolciano, nei pressi di Chiusi, tra il 1844 e il 1845 è un vero e proprio capolavoro della ceramica attica a figure nere. Si tratta di un cratere a volute di produzione ateniese, databile attorno al 570 a.C., che, per forma (ispirata a modelli metallici), dimensioni (altezza 66 cm, diametro 57 cm) e ricchezza decorativa non ha confronti.  

Kleitias, Cratere François; 570 a.C.; m. 0,66; Firenze, Museo Archeologico; ph. museoradio3.rai.it

E dell'elevata qualità di questo manufatto dovevano esserne ben consapevoli i due autori, Kleitias (il pittore) ed Ergotimos (il vasaio) che firmarono per ben due volte la loro opera. Il ricchissimo apparato decorativo ruota attorno alla superficie del vaso in fasce sovrapposte, dove i vari racconti si svolgono a nastro con grande ricchezza di particolari e completezza narrativa senza eguali, in un'incredibile folla di personaggi, ognuno identificato da un'iscrizione che ne indica il nome. Questo cratere è stato definito alternativamente come la "bibbia" dell'archeologia classica, l'enciclopedia o antologia del pensiero religioso greco, perché le scene dipinte sulla sua superficie rappresentano una vera e propria summa della mitologia greca. 
Senza soluzione di continuità si sviluppa sulla spalla la solenne processione delle divinità che festeggiano le nozze di Peleo e Teti.

Le nozze di Peleo e Teti; ph. patrimonioculturale.unibo.it

Peleo, figlio di Eaco (re dell'isola di Egina e figlio di Zeus), e di Endeide, fu re di Ftia, in Tessaglia. Dopo aver sposato Antigone, figlia di Attore, ed aver partecipato alla spedizione degli Argonauti alla ricerca del vello d'oro, conobbe una nereide di nome Teti (o Tetide), dalla cui unione nacque Achille. Il loro matrimonio fu celebrato con solennità alla presenza di tutti gli dei, tranne Eris, la dea della discordia. Questa infuriata per non essere stata invitata, si presentò comunque alle nozze lasciando il pomo d'oro, oggetto del giudizio di Paride e che condusse, per una serie di eventi, alla guerra di Troia. Nel cratere François gli dei, in sontuose vesti policrome e contraddistinti dal nome proprio e dagli attributi che li caratterizzano, procedono in coppia, su maestose quadrighe trainate da cavalli bianchi e neri o a piedi, in gruppi, come le tre Cariti, o da soli, come il sorridente Dioniso che porta sulle spalle una grande anfora. Apre il corteo il centauro Chirone, creatura delle selve, che sarà poi il saggio educatore del piccolo Achille. Sulla soglia del suo palazzo di Ftia, Peleo riceve gli ospiti con un gesto di saluto, mentre Teti, sua sposa, attende pudicamente seminascosta, all'interno della casa.

Nel fregio sottostante, sul lato principale del vaso (lato A), è narrato un episodio legato alla guerra di Troia, ovvero l'agguato di Achille a Troilo: l’eroe greco , si nascose dietro ad una fontana ad attendere il figlio di Priamo che, per abbeverare i cavalli, assieme alla sorella Polissena uscì indifeso dalle mura di Troia. Nel nostro vaso, al centro della scena, si notano i due protagonisti: Achille (conservato solo in parte) che, assistito dalla sua protettrice, la dea Atena, spicca un salto per afferrare Troilo, in fuga a cavallo; dietro alla dea compare Hermès con il caduceo, che si volta indietro verso Teti, l’apprensiva madre di Achille, per rassicurarla. Tutto a sinistra vediamo un primo edificio, la fontana, rappresentata frontalmente, presso cui una ragazza si appresta ad attingere l’acqua. Prima figura da sinistra è Apollo, che più tardi vendicherà l’uccisione di Troilo facendo uccidere Achille per mano di Paride. Troilo, infatti, tentò invano di salvarsi rifugiandosi presso l’altare di Apollo, ma Achille con atto sacrilego lo uccise ugualmente, profanando così il luogo di culto. Davanti a Troilo e conservata in parte, si trova la sorella Polissena che fugge impaurita lasciando cadere la tipica brocca per l'acqua, a tre anse, di cui viene qui indicato il nome: hydria, che vediamo a terra distesa sotto i cavalli.



Cratere François, l'agguato di Achille a Troilo; ph. canino.info

Alla destra della scena vediamo una seconda costruzione: una delle porte della città di Troia, sopra alla quale si notano dei mucchi di pietre pronte per essere lanciate addosso agli invasori greci, secondo una delle classiche tattiche difensive antiche. L’allarme di quanto sta accadendo a Troilo è stato dato: l’eroe troiano Antènore, che ha assistito alla scena, torna indietro verso la città per avvertire Priamo il quale, seduto accanto alle mura, improvvisamente si alza, allarmato. Ormai la notizia dell’agguato è giunta anche in città e due fratelli di Troilo, Ettore e Polìtes, si apprestano ad uscire dalla porta armati.
Degna di nota è la costruzione dell'intera scena magistralmente concepita secondo uno schema compositivo simmetrico: al centro troviamo sei figure; ai lati si ergono due costruzioni con tre figure per ciascun lato: i due fratelli di Troilo sono talmente sovrapposti da formare un unico blocco unitario, quindi un'unica figura. Il blocco delle sei figure centrali è collegato con quelli laterali mediante la partecipazione emotiva all'evento che si esprime con le braccia alzate delle figure in senso di paura, preoccupazione e di dolore: Rodia, accanto alla fonte, alza le braccia a sinistra; Antènore si volge verso Priamo, con le braccia tese per avvertirlo del pericolo che sta correndo il figlio; Teti e Apollo alzano le braccia verso Achille, l'una in apprensione per il figlio, l'altro in senso di monito per l'eroe greco che a breve profanerà il suo altare. Ma a dare la massima drammaticità all'evento è la spaventata figura di Priamo che balza improvvisamente sul suo sedile. 

Sul retro (lato B) è rappresentato l'episodio del ritorno di Efesto all'Olimpo accompagnato da Dioniso e da Sileno che porta l'otre del vino. Efesto era stato concepito da Hera solo per vendetta nei confronti del marito Zeus per tutte le amanti che aveva avuto nel corso dei secoli. Appena Hera vide il figlio che era brutto, gracile e deforme lo cacciò dall'Olimpo facendolo cadere giù. Efesto decise di vendicarsi della madre e, fingendo di perdonarla, le donò un magico trono d'oro che, non appena ella vi si sedette, la imprigionò e non le permise più di alzarsi. Solo il il figlio avrebbe potuto spezzare l'incantesimo ma egli fuggì e scomparve. Più volte gli dei pregarono Efesto di tornare sull'Olimpo per liberare Hera ma questi, ogni volta, si rifiutò. Solo Dioniso, con il potere del vino, riuscì a convincere il fratellastro a ritornare ma Efesto acconsentì a liberare Hera solo se lo avessero riconosciuto come dio dandogli in sposa Afrodite, la dea della bellezza. 
Nel vaso la storia è così raffigurata: tra i vari dèi si può notare Hèra, seduta sul trono accanto a Zeus, la quale gesticola impaziente; Afrodite indietreggia alla vista del futuro sposo, lo zoppo e deforme Efesto. Mentre la metà sinistra della scena è dedicata agli dèi dell’Olimpo, la metà destra è dedicata alla straordinaria processione condotta da Dioniso (che tira il mulo su cui è Efesto), seguito dal suo consueto corteo di itifàllici sileni ebbri, accompagnati da mènadi. Alcuni satiri portano otri di vino; altri suonano strumenti vari, tra cui l’aulòs, che era caratteristico strumento musicale delle processioni (anche cultuali).

Cratere François, il ritorno di Efesto (sul mulo trainato da Dioniso) sull'Olimpo; ph. archeotoscana.wordpress.com

La fascia successiva reca un fregio di tipo orientalizzante con sfingi ed altri animali fantastici. La mitica caccia al cinghiale Calidonio da parte di Peleo e Meleagro, occupa il labbro del lato A. 
La dea Artèmide, adirata col re di Calidone, Oineo, per essere venuto meno nelle offerte votive succedute all'eccellente raccolto manda un possente cinghiale a devastarne i campi. Oineo organizzò così una caccia al cinghiale in cui chiese la partecipazione di quasi tutti gli eroi del mito greco. Tra questi, i più importanti sono disposti di fronte al cinghiale: sono Meleagro e un giovane Pèleo. Vicino a loro è Atalanta, di carnato bianco, che indossa un corto chitone da cacciatrice ed è stata la prima a ferire il cinghiale con la sua freccia; sulle spalle porta la faretra, anche se al momento ha già scagliato la freccia e impugna la lancia. Nella scena si nota una notevole simmetria: il cinghiale è al centro, ferito da quattro frecce, lanciate rispettivamente due da sinistra e due da destra; un cane lo assale da dietro, uno risulta morto sotto le zampe anteriori della fiera; sotto al corpo di questa compare inoltre il cadavere di un cacciatore ucciso. Nel vaso è riportato il momento in cui, dopo il preliminare attacco con frecce (si vedano vari arcieri con berretto da orientale), i cacciatori a due a due, accerchiano da vicino il cinghiale per colpirlo con altre armi come lance, lunghi giavellotti e pietre.
Sul lato opposto (lato B) del labbro troviamo la raffigurazione del ritorno a Creta della nave di Teseo con la danza gioiosa dei giovinetti e delle fanciulle che l'eroe ha salvato dal Minotauro. Il Re di Creta Minosse aveva vinto la guerra contro Atene. Ordinò allora che ogni nove anni sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi venissero mandati a Creta per essere divorati dal Minotauro. Quando venne il momento di effettuare la terza spedizione sacrificale, Teseo si offrì volontario per andare ad uccidere il mostro. Quando arrivò a Creta Arianna, la figlia di Minosse, si innamorò di lui e lo aiutò a ritrovare la via d'uscita dal labirinto dandogli gomitolo di lana che, srotolato, gli avrebbe consentito di seguire a ritroso le proprie tracce e una spada avvelenata. Trovato il Minotauro, Teseo lo uccise e guidò gli altri ragazzi ateniesi fuori dal labirinto Questo famoso mito è qui rappresentato con una gioiosa teoria di figure umane, quattordici giovani (sette ragazzi e sette ragazze) che si tengono per mano e danzano al suono della lira di Teseo che ha di fronte a sé Arianna. Nella parte sinistra della scena compare il quattordicesimo giovane (Phàidimon), che per ultimo si unisce alla danza. La nave, che aveva accompagnato Tèseo a Creta e che probabilmente si era allontanata, dopo un tempo stabilito è ritornata a prenderlo ed i marinai, scorgendo i danzatori, capiscono che l’impresa è riuscita. La nave consiste in una lunga e bassa imbarcazione a remi, munita di una sola vela; il timoniere, vestito in maniera pesante per difendersi dalla brezza marina, sta manovrando il timone. A bordo c’è un grande fermento evidentemente scaturito dall'entusiasmo per la buona riuscita della missione: alcuni rematori si sono alzati, uno s’è tuffato fuori dalla nave e nuota.


In alto, il ritorno a Creta della nave di Teseo; in basso, la caccia al cinghiale calidonio; ph. universitarianweb.com


Ritornando sul lato A, sotto alla caccia al cinghiale calidonio, quindi sul collo del vaso, troviamo rappresentato la gara di corsa dei carri, l'evento culminante dei giochi funebri in onore di Patroclo, tenuti da Achille e descritti nel XXIII Libro dell’Iliade.

La lotta tra Lapiti e Centauri decora il collo del lato B del cratere. Ancora una volta protagonista è Teseo venuto in aiuto del suo grande amico, il lapita Pirìtoo.

La battaglia tra i Pigmei e le gru, cosiddetta "geranomachia" conclude sul piede la sequenza delle narrazioni. Infine, sulle anse, è riconoscibile Artemide alata come signora degli animali e, nel riquadro sottostante, Aiace che porta il corpo di Achille. Nella parte interna delle volute delle anse è una Gòrgone alata, raffigurata nell'usuale schema iconico arcaico della “corsa in ginocchio”.

Blocco di sinistra partendo dall'alto: centauromachia, giochi funebri in onore di Patroclo; blocco di destra partendo dall'alto: Artemide alata, Gorgone, Aiace che trasporta il corpo di Achille, particolare dell'ansa; ph. universitarianweb.com

La profusione decorativa di questo vaso è impressionante: sono presenti 270 figure e 121 iscrizioni esplicative. La gran parte dei miti raffigurati ruotano attorno al personaggio di Achille e a suo padre Peleo. La narrazione si sviluppa linearmente senza interruzioni, da sinistra a  destra, su sette fasce sovrapposte di dimensioni variabili per adattarsi magistralmente alla morfologia del cratere. 
Dimensioni del vaso, quantità degli elementi decorativi e qualità stilistica fanno del vaso François un vero e proprio capolavoro dell'arte antica, da annoverare tra i più importanti reperti archeologici al mondo. 


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