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Sfatiamo un mito: l'uomo non deriva dalle scimmie!


Nel mondo antico e fino al XVIII secolo l'uomo era considerato un essere completamente distinto dal resto della natura; solamente durante il Settecento alcuni studiosi cominciarono a porre l'attenzione sulla somiglianza tra l'uomo e le scimmie. Linneo stesso, infatti, classificava gli scimpanzé insieme all'uomo, nel genere Homo. L'ipotesi che l'uomo condividesse una parentela evolutiva con le scimmie, proposta per la prima volta da Lamarck, acquistò valore e credibilità solo in seguito  all'enunciazione della teoria di Darwin, grazie anche alle prove fornite dall'anatomia e dalla fisiologia comparate.

T. H. Huxley (1825-1895) ed E. Haeckel (1834-1919), contemporanei di Darwin, individuarono la corretta posizione dell'uomo nella natura, includendolo nell'ordine dei Primati e stabilendo la sua affinità con gli scimpanzé e i gorilla. Darwin stesso si occupò del problema dell'origine dell'uomo nell'opera La discendenza dell'uomo, pubblicata nel 1871.

Charles Darwin in un ritratto ad acquerello di George Richmond sul finire degli anni Trenta del XIX secolo (da Wikipedia)

Nei 130 anni che ci separano da quell'epoca si sono accumulate numerose prove a favore di quanto sostenuto da quelli studiosi: oltre allo studio dell'anatomia comparata, all'analisi dei fossili e alla comparazione dei comportamenti, l'analisi della sequenza amminoacidica di proteine omologhe (come le catene polipeptidiche dell'emoglobina) o di sequenze di DNA, hanno stabilito l'esistenza di una stretta affinità fra l'uomo e lo scimpanzé. Secondo stime recenti il DNA dell'uomo differisce da quello dello scimpanzé solamente per meno del 2% dei nucleotidi, mentre con quello dei gorilla le differenze ammontano a poco più del 2,5% dei nucleotidi.

Il grado di affinità molecolare (considerato direttamente proporzionale al grado di parentela) suggerisce che la linea evolutiva dell'uomo si sia separata da quella del gorilla 8 Ma ca., mentre da quella dello scimpanzé piuttosto recentemente, attorno ai 6 Ma.

È interessante osservare come una differenza riguardante pochi nucleotidi (come quella che si riscontra tra uomo e scimpanzé) possa determinare la comparsa di caratteristiche molto diverse; infatti anche se queste due specie sono straordinariamente simili per quel che riguarda la struttura dell'emoglobina o di altre proteine, le modalità di sviluppo del cervello e i comportamenti connessi a questo aspetto sono estremamente diversi.

Riassumendo, quindi l'uomo è un mammifero, appartenente all'ordine dei Primati, i primi rappresentanti dei quali comparvero sulla Terra attorno a 70 Ma, a seguito di una imponente radiazione adattativa dei mammiferi placentati che occuparono tutte le nicchie ecologiche lasciate libere dalla scomparsa dei grandi rettili.

I Primati sono dei mammiferi in cui si sono evoluti alcuni caratteri particolari come:
  • la frontalizzazione delle orbite con conseguente visione binoculare o stereoscopica; 
  • le dita delle mani e dei piedi mobili con unghie piatte al posto degli artigli e cuscinetti carnosi e sensibili nelle parti distali (i dermatoglifi), che insieme all'opponibilità permettono la prensilità;
  • l'accorciamento del muso con la riduzione del senso dell'olfatto;
  • un grande cervello in relazione alle dimensioni del corpo.
L'ordine dei Primati si suddivide in infraordini e superfamiglie tra cui quella degli Ominoidei a cui appartengono tre famiglie:

Ilobatidi (varie specie di gibboni), diffusi nel sud-est asiatico detti anche piccole antropomorfe;

Pongidi comprendente lo scimpanzé (Pan) e il gorilla (Gorilla), diffusi nell'Africa equatoriale e l'orangutan (Pongo), presente nel Bormeo e Sumatra (gli appartenenti a questa famiglia vengono genericamente definiti grandi scimmie antropomorfe);

Ominidi che si divide in due sottofamiglie che sono: le Australopitecine cui appartengono i generi fossili (Orrorin), Ardipithecus, Australopithecus, Kenyanthropus e Paranthropus, e le Ominine cui appartiene il genere Homo.

Questa classificazione si basa sulle caratteristiche morfologiche. Esiste anche una classificazione che tiene conto della stretta affinità genetica fra uomo e scimpanzé secondo cui la superfamiglia degli Ominoidei viene suddivisa in due sole famiglie, quella degli Ilobatidi e quella degli Ominidi a cui appartengono tre sottofamiglie, Pongine (orangutan), Gorilline (gorilla) e Ominine a sua volta suddivisa in due tribù, Panini (scimpanzé) e Ominini comprendente il genere Homo e i generi fossili Orrorin, Ardipithecus, Australopithecus, Kenyanthropus e Paranthropus.

Queste classificazioni, e quanto detto a proposito delle affinità fra uomo, gorilla e scimpanzé, non devono però far cadere nel persistente pregiudizio secondo cui noi discendiamo dalle attuali scimmie antropomorfe. Darwin e i sostenitori dell'evoluzione sono stati sempre molto chiari nell'affermare che in un qualche momento del passato abbiamo solo condiviso con esse gli antenati, fino ad arrivare ad un ultimo antenato comune da cui poi sono nate due linee evolutive distinte, una che ha portato alla nascita dell'uomo, l'altra che ha portato alla nascita delle antropomorfe. E quell'antenato comune non era nessuna delle scimmie che ora vivono sul nostro pianeta, neppure lo scimpanzé che è l'antropomorfa geneticamente più affine a noi. In altre parole non possiamo derivare dalle scimmie antropomorfe perché ciò equivarrebbe a dire che un individuo discende dai propri fratelli o cugini, i quali invece sono parenti stretti ma non antenati!

Immagine di Scimpanzé, l'antropomorfa geneticamente più vicina all'uomo (da Wikipedia)

Bibliografia:

  • Biondi G., Rickards O. 2003, Uomini per caso. Miti, fossili e molecole nella nostra storia evolutiva, Editori Riuniti
  • Chiarelli B. 2003, Dalla natura alla cultura. Principi di antropologia biologica e culturale, Piccin Nuova Libraria




Commenti

  1. [EVOLUZIONISMO] Prof. Zichichi: «L'uomo non proviene dalla scimmia. Se è vero dimostratemelo»
    https://www.youtube.com/watch?v=DydT5Ojxs4c

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